Frammenti di parola


Collocato in uno dei cortili esterni del Carcere Borbonico in corrispondenza del primo padiglione maschile, il lapidario del Museo Irpino è costituito da numerose epigrafi per la maggior parte sepolcrali, ma anche da iscrizioni onorarie a carattere sacro e pubblico, da frammenti architettonici appartenenti per la maggior parte ad opere pubbliche, da firme, sigle, contrassegni e sarcofagi.
La provenienza è varia e interessa tutto il territorio irpino, così come la cronologia di tali reperti è ampia: si parte dal I secolo a.C. per arrivare all’Età medievale. Proprio a questa fase risale un’imponente stele funeraria, di oltre due metri di lunghezza sulla quale è raffigurato in un bassorilievo un cavaliere armato con lo spadone e un grande scudo con il simbolo araldico dei de Sus: si tratta di Luigi de Sus, giunto in Italia al seguito di Carlo I d’Angiò nel 1282 per la conquista del Regno di Napoli, divenuto poi vicario e governatore generale della contea di Avellino, e considerato il capostipite della famiglia Bellabona. La lastra era probabilmente la pietra della sua tomba che il figlio, Roberto, aveva fatto costruire nella chiesa di San Francesco nel Largo di Avellino.
Una parte del materiale lapideo è collocato anche nel percorso espositivo della sezione archeologica del Museo Irpino presso il Palazzo della Cultura. Si tratta di statue, epigrafi a carattere funerario e iscrizioni celebrative. Di particolare rilevanza è una lunga iscrizione con dedica al dio Silvano, il dio che nel culto pubblico si chiamava Fauno. Abitava nei boschi ed era protettore della natura e delle attività agricole. Scoperta nel territorio di Oppido di Lioni verso Caposele, la stele risale al I sec. d.C.