Denario di Giulio Cesare con testa di Venere
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OGGETTO
Denario di Giulio Cesare con testa di Venere
AUTORITÀ EMITTENTE
Repubblica Romana – Giulio Cesare
MATERIA E TECNICA
Argento / Coniazione
PROVENIENZA
Aeclanum
ZECCA
Africana
DATAZIONE
47-46 a.C.
MISURE
Peso: 3,76 gr.; diam. 18 mm.
RIFERIMENTO
Grella 1978, p. 221, n. 84
COLLOCAZIONE
Palazzo della Cultura
SEZIONE
Archeologica
SALA
VI
D/ Testa di Venere con diadema
R/ Enea regge il palladium con la mano destra e trasporta il padre Anchise sulla spalla sinistra. In legenda: CAESAR
Il denario d’argento, proveniente dal tesoretto di Aeclanum, fu battuto molto probabilmente da una zecca africana tra il 47 e il 46 a.C..
Un denario fatto coniare da Giulio Cesare mette in risalto un importante insegnamento della virtus romana: un messaggio di solidarietà e di umanità che quasi stride con il violento e cruento mondo antico.
Sul rovescio della moneta è infatti rappresentata la fuga da Troia di Enea con sulle spalle l’anziano padre Anchise. Il salvataggio eroico di una persona anziana e priva di forze, per preservare il passato e le proprie origini. Enea compie una sorta di translatio imperii, portando con sé da Troia il padre e la stessa patria, di cui è simbolo il palladio, un piccolo simulacro ligneo (xoanon) che ritraeva Atena con una lancia e uno scudo. Il palladium era molto importante perché era considerato una fonte di protezione divina per la difesa della città.
Cesare, infine, vantava una discendenza da Ascanio, chiamato anche Iulo, antenato della gens Iulia. Quest’ultimo era il figlio di Enea che, secondo il mito, era a sua volta figlio di Venere. Facendo battere monete (come la nostra) raffiguranti la testa di Venere al dritto, Cesare utilizzava questo strumento per propagandare le sue nobili e divine origini.